Onorevoli Colleghi! - La consapevolezza della centralità del contrasto patrimoniale alla criminalità organizzata e mafiosa deve continuare ad impegnare le istituzioni e la società civile nella continua ricerca degli strumenti più moderni ed efficaci per colpire le ricchezze accumulate dalla mafia.
A tale riguardo, significative, sono state le iniziative promosse dal Parlamento e dal Governo nel corso della XIII legislatura, al fine di aggiornare e definire concrete proposte di riforma dell'apparato normativo del contrasto patrimoniale alle mafie, anche sulla scorta dell'esperienza e dell'opera delle organizzazioni e dei soggetti del volontariato oltreché degli orientamenti della giurisprudenza e della dottrina.
In tale quadro vanno considerati i contributi di analisi e di elaborazione proposti dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata mafiosa o similare della XIII e della XIV legislatura nelle relazioni presentate al Parlamento e approvate quasi sempre all'unanimità.
Fondamentale, poi, è stato il lavoro della Commissione per la ricognizione e il riordino della normativa di contrasto alla criminalità organizzata, presieduta dal professore Giovanni Fiandaca, e istituita con decreto dell'allora Ministro della giustizia, professore Giovanni Maria Flick, il 15 ottobre 1998. Parte di quel lavoro, peraltro, era confluito nella proposta di legge, presentata nella XIII legislatura, recante «Nuove disposizioni contro la mafia» (atto Camera n. 2779), mirata alla riforma dell'articolo 416-bis (associazione di tipo mafioso) e dell'articolo 416-ter (scambio elettorale politico-mafioso) del codice penale e dell'articolo 12-sexies (ipotesi particolari di confisca) del decreto-legge
Modifica dell'articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575.
Venendo al merito specifico delle modifiche legislative, va anzitutto proposta la fondamentale modifica dell'articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575.
La certezza che la nuova frontiera del contrasto alla criminalità organizzata è costituita dall'aggressione dei patrimoni illeciti deve indurre il legislatore a operare scelte che incidano profondamente anche nel sistema dei princìpi. In quest'ottica, proprio per sperimentare l'impegno di tutte le forze politiche che siedono in Parlamento nel contrasto alla criminalità organizzata, è necessario affermare esplicitamente nel sistema normativo delle misure di prevenzione un principio di fondamentale rilevanza, cioè quello dell'obbligatorietà dell'azione di prevenzione che, al pari dell'obbligatorietà dell'azione penale, non lascerebbe spazio al pubblico ministero per scelte discrezionali nell'intervento di prevenzione sia personale che patrimoniale.
L'azione di prevenzione dovrebbe dunque essere esercitata obbligatoriamente e d'ufficio nei confronti degli indiziati dei reati tassativamente indicati alla medesima disposizione.
Una ulteriore modifica dell'articolo 1 attiene alle figure di reato per le quali è obbligatoria l'azione di prevenzione.
Si propone così non solo il riordino dell'elenco dei reati inserendo nella disposizione originaria dell'articolo 1 anche quelli indicati in altre disposizioni normative, ma se ne aggiungono altri, idonei, secondo la comune esperienza, a generare e accumulare ricchezza illecita. In effetti si tratta di fattispecie già inserite dal legislatore nell'elenco dei reati alla cui condanna, in presenza di altri presupposti, consegue l'applicazione della confisca prevista dall'articolo 12-sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356.
Si elencano dunque, oltre a tutti i reati previsti dall'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale (i cosiddetti delitti di criminalità organizzata) il reato di associazione per finalità di contrabbando; il reato di cui all'articolo 12-quinquies del decreto-legge n. 356 del 1992 citato; i reati commessi per finalità di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell'ordine costituzionale; gli altri reati relativi agli stupefacenti e al contrabbando.
Modifica all'articolo 2 della legge 31 maggio 1965, n. 575.
La seconda modifica riguarda l'attribuzione al procuratore distrettuale antimafia del potere di proposta della misura di prevenzione personale, che ovviamente potrà essere esercitato in relazione ai reati per i quali egli già può svolgere indagini ai sensi dell'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale.
Una siffatta innovazione risponde anche a ragioni sistematiche, essendo già
Modifiche agli articoli 2-bis, 2-ter, 3-bis, 3-ter, 3-quater e 10-quater della legge 31 maggio 1965, n. 575.
Una ratio sostanzialmente identica ispira la proposta di modifica all'articolo 2-bis. Non si comprende infatti per quale ragione non sia stato affidato al procuratore nazionale antimafia il potere di proporre l'applicazione delle misure di prevenzione patrimoniali dal momento che gli è stato attribuito il potere di proposta della misura di prevenzione personale. L'esclusione è apparsa priva di ragionevolezza anche alla più autorevole dottrina(cfr. P. V. Molinari - «Titolari dell'azione di prevenzione con riferimento alle misure patrimoniali. Il procuratore nazionale antimafia dimezzato ?» - in Cass. Pen. 1998, 607, pagg. 964 e segg.). Così come irragionevole è apparsa, alla luce della logica che ha ispirato l'istituzione delle direzioni distrettuali antimafia, l'esclusione del procuratore distrettuale antimafia dal novero delle autorità legittimate ad avanzare la proposta di applicazione delle misure di prevenzione.
Si è ritenuto, perciò, sia per le ragioni sistematiche esposte sia per la necessità di rendere più frequente e più incisivo l'uso di tale strumento di contrasto alla criminalità organizzata, di inserire fra le autorità legittimate a propone l'applicazione delle misure di prevenzione patrimoniali il procuratore nazionale antimafia e il procuratore distrettuale antimafia, ai quali, per ragioni funzionali all'esercizio del potere loro affidato, deve anche essere attribuito il potere di svolgere le necessarie indagini patrimoniali finalizzate, appunto, alla individuazione dei patrimoni illeciti.
La corrispondente modifica dovrà apportarsi conseguentemente alle disposizioni di cui agli articoli 2-ter, 3-bis, 3-ter, 3-quater e 10-quater.
Invero, l'esclusione del procuratore nazionale antimafia dal novero dei soggetti legittimati a promuovere l'azione di prevenzione in materia patrimoniale appare ancora più irragionevole solo che si tenga conto che al suo ufficio affluiscono tutte le informazioni in materia di criminalità organizzata ed esso, già per tale sola ragione, può ritenersi l'ufficio più idoneo per l'individuazione dei patrimoni illecitamente accumulati.
Non possono di certo condividersi le critiche e le preoccupazioni di coloro i quali ritengono che, attribuendo simili poteri al procuratore nazionale antimafia, si creerebbe un ufficio del pubblico ministero centralizzato e invasivo rispetto agli uffici di procura periferici.
A tal proposito va osservato che i rilievi mossi sono davvero infondati sia perché non tengono conto del fatto che nel sistema normativo vigente la titolarità della richiesta delle misure di prevenzione (personali e patrimoniali) e il potere di svolgere indagini e accertamenti è attribuito, oltre che al procuratore della Repubblica presso il tribunale del circondario dove dimora abitualmente la persona per la quale si richiede la misura di prevenzione, al questore competente per territorio, e finora nessuno ha ritenuto invasivo, rispetto agli uffici di procura, il potere di indagine e di richiesta attribuito ad un organo di polizia, né di ciò qualcuno si è mai lamentato, sia perché il procuratore nazionale antimafia, lungi dall'invadere la sfera delle attribuzioni delle procure ordinarie e distrettuali, potrebbe esercitare la propria funzione di coordinamento anche nella materia delle misure di prevenzione, coordinando appunto l'attività di tali procure sia nella fase acquisitiva di tutti gli elementi conoscitivi necessari per la formulazione della proposta sia nella fase di presentazione della stessa, svolgendo in tal modo anche una funzione di «supporto» degli uffici periferici del pubblico ministero.
L'esercizio di tale funzione appare quanto mai necessario rispetto a quegli